Motivazione. Il motus personale che dal di dentro rivoluziona il fuori
Motivazione. Il motus personale che dal di dentro rivoluziona il fuori
Motivazione. Da tempo il mondo della ricerca nelle organizzazioni è a conoscenza di un fatto che il mondo del business non ha mai messo in pratica. Da decenni, dopo numerosi esperimenti condotti in più parti della terra, si è scoperto che il tradizionale metodo di ricompensa su cui si basa la nostra economia non è così efficiente: il metodo “carrot&stick”, bastone e carota, non funziona nel modo in cui crediamo. È questo l’assunto di base da cui parte lo scrittore e business thinker Dan H, Pink, autore di un Ted talk imperdibile, in cui esamina come gli studi sul comportamentismo abbiano rivelato un crepaccio che il mondo del business ha sottovalutato per decenni.
Pink divide i fattori della motivazione in due grandi classi, estrinseci ed intrinseci. I primi sopraggiungenti dall’esterno, i secondi straripanti dal di dentro. I fattori della motivazione estrinseci sono le ricompense classiche, che si basano su:
- un manufatto tangibile (denaro, badge, premi, punti);
- sulla paura: derivante dal rapporto con i propri colleghi (ho paura di essere inferiore a lui, per cui lavoro di pù), con il proprio supervisore (temo una punizione per cui la evito lavorando di più e bene) o con le contingenze del mercato (sono costretto a produrre di più per non arrancare).
Pink sostiene che questo metodo di gratificazione ha fatto la sua storia e non esiste più alcun riscontro scientifico riguardo la sua efficienza. Anzi, la scienza stessa sembra remi contro questo vecchio mare. Micheal Silverman, autore di un paper sulle ricompense non-economiche, sostiene lo stesso:
“Per le organizzazioni di oggi, il problema di come efficacemente motivare il proprio staff sta diventando un problema sempre più grande. Nonostante ciò, dopo 50 anni di ricerca nell’universo delle organizzazioni che hanno dimostrato come i dipendenti siano motivati da altro oltre che il denaro, molte aziende continuano a contemplare solo esso come metodo di ricompensa.”
Continua Silverman:
“I premi economici costuiscono parte di un importante meccanismo per scovare e salvagardare i talenti, e come mezzo per provvedere una ricompensa tangibile per lo sforzo e il contributo dati. E, dopo tutto, la gente generalmente vuole più soldi, no? Tuttavia, la conseguenza principale di questo assunto è stata quella di esagerare l’importanza del denaro come motivatore estrinseco”.
Pink tira fuori dal cilindro il famoso problema della candela, inventato da uno psicologo Gestaltiano, Karl Duncker. Il problema è il seguente: “Elabora un modo di attaccare la candela al muro con queste puntine.”
Pink ha sottoposto questo test ad un gruppo di partecipanti. C’è chi provava ad attaccare la candela con le puntine senza riuscirci, chi ha sciolto la candela per fissarla al muro (soluzione brillante ma non funzionale) e tutti, dopo unaserie di tentativi, riuscivano a capire che l’unico metodo era usare la confezione di puntine come base per la candela.Riuscire a fare questo significa pensare in modo creativo: si dimentica la “fissità funzionale” del contenitore della puntine e si scopre che può fungere da altro. Inoltre, Pink ha notato una tendenza generale: chi aspettava una ricompensa monetaria impiegeva di media un tempo X più lungo di coloro che non aspettavano ricompense. Un schiaffo al classico metodo del bastone e della carota.
I fattori estrinseci della motivazione sembra lavorino solo per una porzione molto ridotta di attività umane, in cui prevalga un clima organizzativo che non rispecchia più il passare del tempo. De Cock, De Witte e Nieuwkerke (1998) divisero il clima aziendale in 4 grandi tipologie:
- Clima di supporto: un clima in cui prevale la connessione e le decisioni che potrebbero avere un peso notevole sulle vite dei dipendenti sono generalmente posposte. I dirigenti ascoltano attentamente i bisogni dei propri lavoratori e lavorano secondo una logica bottom-up. Il problema di una leadership di questo tipo è la prevalenza di un aspetto informale e relazionale che faccia somigliare la propria organizzazione ad un’associazione, ovvero sostanzialmente mancante di struttura.
- Clima innovativo: l’organizzazione è flessibile verso l’esterno e focalizzata sugli obiettivi. Nelle organizzazioni di questo genere si assiste ad una forte decentralizzazione del modo di lavorare, basandosi sulla convinzione che tutti i membri si impegneranno al massimo per concretizzare gli obiettivi. È il clima organizzativo che più si basa sulla libertà, lasciando il lavoratore appunto libero di sviluppare le proprie abilità all’interno dell’azienda. La struttura è a rete e il potere deriva dal know-how; la leadership è orientata sia verso l’obiettivo, sia verso la relazione. Il rischio del clima innovativo, se non convenientemente controllato, è rappresentato dalla possibilità di degenerare nel caos.
- Clima volto al rispetto delle regole: l’organizzazione vuole salvaguardare l’individuo e, nel tentativo di fare ciò, lo controlla. Il controllo è agito attraverso una l’impostazione di una struttura gerarchica, in cui compiti e postazioni sono perfettamente definiti. I lavoratori che amano essere guidati danno il massimo in questo tipo di strutture, mentre i dipendenti più creativi lavorano tendenzialmente peggio. Il rischio è doppio: si scoraggia questa seconda classe di lavoratori – si sentono come uccellini in gabbia – e ci si focalizza troppo su struttura, ordine e gerarchia che potrebbero prevalere sugli obiettivi finali.
- Clima orientato all’obiettivo: l’obiettivo dell’organizzazione è chiaro, i dipendenti lo conoscono e hanno delle deadlines da rispettare. Essi devono adattarsi all’organizzazione e chi collabora al raggiungimento dell’obiettivo viene ricompensato. Il rischio? Avere una prospettiva fortemente limitata, che impedisce di aprirsi verso l’esterno e lasciarsi percorrere dalle libere idee di chi vi lavora dentro.
La tesi di Pink è che gli ultimi due tipi di clima, che non favoriscono l’emergere della creatività dei dipendenti e che sono limitatamente focalizzati sul raggiungimento degli obiettivi, rappresentano un modello di organizzazione leggermente fuori tempo rispetto ai nostri giorni. Il mondo di oggi, differentemente da quello di pochi decenni fa in cui le skills meccaniche erano la prima conoscenza richiesta, richiede abilità come la risoluzione di problemi complessi, creatività per arrivare alla soluzione attraverso la complementarietà di idee differenti, pensiero critico, intelligenza emozionale e capacità relazionali elevate. I primi due tipi di clima favoriscono di più l’emergere di queste skills in maniera naturale, con i relativi rischi associativi.
Un’azienda che ha scelto di abbracciare questi rischi e assumersene le responsabilità è Google. Larry Page e Sergey Brin hanno infatti recentemente adottato un rischioso metodo di divisione del lavoro, chiamato Polizza 80/20, giustificandola in questo modo:
“Incoraggiamo i nostri dipendenti, oltre ai progetti a cui normalmente lavorano, di impiegare il 20% del loro tempo per lavorare su idee che potrebbere beneficiare all’intera compagnia.”
In questo modo, i dipendenti lavorerebbero idealmente l’80% del loro tempo in attività di routine e impiegherebbero il restante 20% per elaborare progetti nuovi e innovativi. Funziona davvero così? Questo articolo di BI sembra distruggere questa visione mitizzata del lavoro: la polizza aumenta in realtà il lavoro al 120% e, inoltre, non c’è alcun controllo su queste percentuali, per cui un dipendente può impiegare soltanto un 5-10% del proprio tempo, impiegarne in 50% o non impiegarne affatto. E noi aggiungiamo: ovviamente succede così. I lavoratori creativi non seguono regole, lavorano come gli comanda il cuore e in orari extra-ordinari. La polizza 80/20 funziona, perchè Brin e Page sono a conoscenza di questo fatto e hanno solo dato forma ad un’idea. Come ci ricorda Pink, “metà dei prodotti di Google sono stati creati in questo 20% di tempo creativo: Google News, Gmail e AdSense sono tutti nati grazie a progetti partoriti in questa porzione di tempo.”
Come spiegare un tale successo? Dopo aver dimostrato che la filosofia dell’incentivo estrinseco non motiva più, Pink propone la sua ultima tesi, illuminante e da ricordare, riguardo le peculiarità fondamentali della motivazione intrinseca:
- Autonomia: i dipendenti lavorano meglio se sentono di avere autonomia nella gestione del loro tempo e delle loro abilità;
- Padronanza: i dipendenti lasciati liberi aumentano il loro senso di controllo su una certa attività e ne diventano maestri;
- Grande Obiettivo: i dipendenti sono guidati verso un bersaglio più grande dell’obiettivo aziendale, un obiettivo personale, umano, reale, efforts-driving e efforts-worth, che determina sforzi enormi e li fa percepire come lodevoli.
motivazione
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