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Anna Cantagallo

Anna Cantagallo: “la Neuropsicologia e le abilità di guida. La parola all’esperta”

Anna Cantagallo spiega come le componenti neuropsicologiche siano implicate in tutte le attività quotidiane compresa la guida.

“Guidare può essere davvero un’attività piacevole e divertente oltreché utile; a patto che lo si possa fare in maniera da garantirla propria ed altrui sicurezza.” Questa l’opinione della dottoressa Anna Cantagallo che aggiunge “E’ inoltre importante in caso di incidenti o malattie che possono avere effetti sulle capacità di guida, approfondire le proprie condizioni cliniche, anche attraverso una valutazione neuropsicologica e psicologica specifica delle abilità coinvolte”.

Interessante è approfondire quali sono le caratteristiche neuropsicologiche che ritroviamo dietro ad un’azione per molti ormai implicita. Le norme per il conseguimento della patente oltre a valutare la presenza o meno dei requisiti teorici e pratici relativi al codice della strada prevedono anche l’idoneità nelle abilità psicofisiche. “Essere a conoscenza delle capacità che sono necessarie a guidare in sicurezza, per sé e per gli altri, è importante! Non solo per le persone che presentano problemi, ma anche per capire che tipo di abilità sono richieste a chi desidera avvicinarsi a patenti speciali (guida di mezzi pesanti, imbarcazioni, aerei). Solo partendo da questa conoscenza e da una valutazione delle capacità della persona sarà possibile individuare il percorso adatto per acquisire le abilità necessarie” afferma la dottoressa Anna Cantagallo.

Cerchiamo dunque di capire in maniera sintetica quali siano le abilità di guida a cui ci stiamo riferendo:

  • Attenzione e controllo: in modo da mantenersi concentrati su un compito specifico per il tempo necessario al suo completamento, di non farsi distrarre da altro e, quando richiesto, di prestare attenzione a più elementi in contemporanea;
  • Orientamento ;
  • Vista e campo visivo non solo come acuità visiva ma soprattutto come capacità percettiva, che può essere a repentaglio nel caso di una neuropatologia;
  • Personalità: alcuni aspetti particolarmente utili sono l’autocontrollo e la gestione del rischio;
  • Intelligenza indica le capacità intellettive generiche e generali. Queste permettono a chi guida di “mettere insieme i vari pezzi” e di avere un comportamento di guida sicura;
  • Tolleranza allo stress: è importante ai fini della guida sicura la capacità di tollerare lo stress, intesa come il mantenere intatte le abilità necessarie alla sicurezza nonostante lo stress.

Quanto detto evidenzia sicuramente due punti:

  • Prima di mettersi alla guida per non creare rischi ne per se stessi ne per gli altri è utile se si è stati soggetti di traumi cranici, incidenti o neuropatologie; sottoporsi ad una valutazione neuropsicologica presso un professionista come la dottoressa Anna Cantagallo;
  • È buona norma prestare sempre attenzione ai segnali che il nostro corpo ci invia poiché essi rappresentano il mezzo con cui il nostro cervello ci comunica un messaggio, non bisogna mai sottovalutare la stanchezza. Poiché essa insieme alla distrazione, rappresenta una delle principali cause di incidenti stradali.

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 24 febbraio 2016

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Anna Cantagallo

Anna Cantagallo – Le Dipendenze – individuare e affrontare i problemi derivanti dall’assunzione di sostanze

Anna Cantagallo e il suo staff di esperti potranno aiutarti nell’individuare e affrontare i problemi derivanti dall’assunzione di sostanze. Nel panorama generale sistono diverse forme di dipendenza, da una prima classificazione possiamo distinguere la dipendenza fisica e la dipendenza psicologica.

La dipendenza fisica si riferisce ad un’alterazione del nostro organismo dovuta all’assunzione ripetuta (cronica) di una o più sostane. La dipendenza è regolata dal meccanismo della tolleranza che presuppone la necessità di assumere la sostanza in dosi sempre più elevate per ottenere gli stessi effetti. Si innescherà così un circolo vizioso che porterà la persona a non poter più rinunciare q quella sostanza. In altre parole, maggiore quantità assumiamo di quella sostanza, più il nostro organismo si abitua e maggiore sarà la quantità che dobbiamo assumere.

La dipendenza psicologica, che spesso accompagna quella fisica ma che si può presentare anche da sole è legata al desiderio irrefrenabile “craving” di assumere la sostanza.

Se pensi di avere un problema legato all’abuso di sostanza, siano esse droghe, alcool, farmaci etc. non aspettare rivolgiti a BrainCare, Anna Cantagallo e il suo staff ti potranno aiutare.

L’APPROCCIO COGNITIVO COMPORTAMENTALE DEL TRATTAMENTO DELLE DIPENDENZE

L’approccio più efficace nel trattamento delle dipendenze è considerato, dal mondo scientifico, l’approccio integrato medico/psicologico. In particolare la terapia cognitivo comportamentale ( Cognitive Behavioral Therapy – CBT) in casi di dipendenza riconosce il comportamento di abuso come un comportamento articolato, generato e mantenuto tramite i principi dell’apprendimento classico, il condizionamento operante, l’apprendimento sociale, che sono le basi teorici su cui si fonda questo approccio

Secondo la CBT i comportamenti disfunzionali possono essere modificati attraverso metodi e tecniche (cognitive e comportamentali) specifiche e personali per ogni paziente. E’ infatti importante trattare, oltre che la dipendenza fisica, tutti i comportamenti disfunzionali che mantengono e in qualche modo rinforzano la dipendenza.
Una terapia psicologica inoltre può aiutarti a gestire i sintomi di astinenza e i disturbi correlati (ansia, depressione, insonnia) e aiutarti a diminuire il rischio di ricaduta.

Metodi e tecniche utilizzate

  • Addestramento alle strategie di fronteggiamento ( problem solving, abilità di coping)
  • Tecniche di rilassamento utili nella gestione del craving (respirazione diaframmatica, tecniche immaginative)

L’acquisizione di nuove strategie cognitive e comportamentali permette alla persona sia di aumentare le proprie motivazioni al cambiamento rispetto ai comportamenti associati all’abuso di sostanza, sia di acquisire nuove strategie efficaci per raggiungere e mantenere l’astinenza dalla sostanza stessa.

Non sottovalutare i sintomi che ti creano sofferenza e disagio, rivolgiti, anche solo per informazioni allo staff di professionisti di Anna Cantagallo.

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 24 febbraio 2016

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Anna Cantagallo – Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC), un approccio multidisciplinare.

Anna Cantagallo e il suo staff di psicologi e psicoterapeuti, mettono a disposizione la loro conoscenza nell’ambito della psicologia e delle neuroscienze per un approccio multidisciplinare ai tuoi problemi.

La caratteristica in comune dei disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo è la ridotta capacità ad inibire una risposta, sia essa motoria e/o mentale, conseguente a stimoli esterni o interni. Nelle persone che soffrono di questi disturbi si riscontra un’incapacità a resistere ad un desiderio impellente, o alla tentazione di compiere un’azione.

Le persone che soffrono di questo tipo di disturbi provano, prima di cedere all’impulso (mettere in atto un’azione), un forte senso di attivazione o tensione (ansia), seguito, nel momento in cui l’azione è compiuta, da una gratificazione e una diminuzione della tensione. Questo meccanismo, detto rinforzo negativo, fa si che la probabilità che si ripeta il comportamento “gratificante”, che ha diminuito la tensione/disagio, sarà molto alta. Si innesca così un circolo vizioso che “costringe” la persona ad essere “schiava ” dei propri pensieri e comportamenti.

I principali disturbi:

Il disturbo ossessivo compulsivo – DOC:

“ Se non lo faccio, di sicuro succederà qualcosa di brutto ..”
“ La mi amente è come un groviglio di pensieri ..”
“ Sono schiavo dei miei pensieri e dei comportamenti ..”

Il disturbo ossessivo-compulsivo è un disturbo caratterizzato da pensieri persistenti, intrusivi e non desiderati che la persona non riesce a controllare e che possono portare all’attuazione di comportamenti (rituali), questi rituali hanno lo scopo di ridurre il malessere e l’ansia o prevenire il verificarsi di eventi temuti.

Le ossessioni sono pensieri, idee ed immagini. Questi pensieri sono vissuti come intrusivi ed eccessivi ed hanno la caratteristica di essere ricorrenti cioè di presentarsi più volte e in modo continuativo durante la giornata; riguardano i più svariati temi ma nella pratica clinica si è visto che alcuni sono più comuni:

contaminazione
impulsi aggressivi ( ferire o uccidere qualcuno, gridare oscenità in luoghi pubblici, essere veicolo di contagio,)
dubbi ripetitivi (verificare se si è compiuta un’azione),
ordine e/o simmetria,
fantasie sessuali (per es. ricorrenti immagini pornografiche),
dire cose sbagliate.

Le compulsioni sono i comportamenti, le azioni che rappresentano la “soluzione” alle ossessioni. Le compulsioni sono messe in atto in modo ripetitivo e stereotipato e hanno lo scopo di evitare il verificarsi di un evento improbabile, di prevenirne il disagio o semplicemente fare in modo che l’ansia cali. I comportamenti compulsivi, possono essere i più svariati e riguardare ad es. il lavaggio, il controllo, la ripetizione e l’ordine.

Il disturbo, se non curato, tende a cronicizzare, potranno presentarsi momenti di regressione dei sintomi, ma tendenzialmente il disturbo non passa da solo. Per questo è importante rivolgersi ad un centro specializzato di professionisti.  Anna Cantagallo e i suo collaboratori ti propongono un approccio multidisciplinare al problema, medici e psicoterapeuti, infatti, potranno proporti le terapie d’avanguardia nel trattamento del DOC.

TRATTAMENTO

Le linee guida internazionali mettono in evidenza l’efficacia della terapia cognitivo comportamentale nella cura di tali disturbi.
Secondo Sanjaya Saxena, Direttore del Programma “Obsessive-Compulsive Disorders” presso l’University of California, le cui scoperte sono state pubblicate nella rivista Molecular Psychiatry, la terapia cognitivo comportamentale influisce efficacemente sulla cura del DOC , in quanto le ricerche hanno dimostrato che, con un minimo di 4 settimane di terapia effettuata quotidianamente, avviene un cambiamento significativo dell’attività in alcune regioni del cervello in pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo. La tecnica d’elezione è l’esposizione con prevenzione della risposta. Questa tecnica consiste nel guidare la persona in ripetute esposizioni graduali alle situazioni che producono malessere, “resistendo” al compiere i rituali compulsivi. Normalmente si è portati a pensare che, se non si mettono in atto i rituali, l’ansia cresca fino a diventare insopportabile, invece, il paziente impara, attraverso l’esperienza, che il disagio raggiunge un picco e poi cala gradualmente. Ad ogni esposizione il malessere sarà di intensità e durata minore.

L’obiettivo principale del trattamento è raggiungere la libertà dalle compulsioni e una ripresa del controllo sulla propria vita.

Chiama Anna Cantagallo e il suo staff, saranno a tua disposizione anche solo per informazioni e chiarimenti.

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 23 febbraio 2016

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Anna Cantagallo – La Timidezza (Ansia Sociale) il disagio che si prova quando si è in relazione con altre persone

Grazie alla pluriennale esperienza nel campo del trattamento dei disturbi d’ansia, lo staff di psicologi e psicoterapeuti di Anna Cantagallo ti potrà aiutare concretamente e in tempi brevi nel ridurre significativamente il disagio. Se il tuo disagio ha a che fare con l’eccessiva timidezza, questo articolo ti potrà aiutare a capire meglio il tuo problema.

La comune timidezza intesa come il disagio che si prova quando si è in relazione con altre persone, se eccessiva e invalidante, può essere considerata un vero e proprio disturbo d’ansia. Nel DSV 5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, questo disagio psicologico prende il nome di Disturbo d’Ansia Sociale o Fobia sociale. Gli studi epidemiologici rivelano che l’ansia sociale è un disturbo molto diffuso, si stima infatti che possa riguardare circa il 15% della popolazione con una distribuzione omogenea tra maschi e femmine.
Tale disturbo è caratterizzato dalla paura marcata e persistente che riguarda le situazioni sociali o prestazionali che possono creare imbarazzo

La paura riguarda principalmente

  • Conversazione
  • Parlare in pubblico Parlare in pubblico
  • Partecipare a piccoli gruppi
  • Mangiare bere o scrivere in Mangiare, bere o scrivere in pubblico
  • Parlare con persone che Parlare con persone che rivestono un ruolo di autorità
  • Partecipare ad una festa Partecipare ad una festa

più in generale le paure riguardano tutte quelle situazioni in cui ci si sente, a torto o a ragione, sotto il giudizio degli altri.

I sintomi più comuni

  • Tachicardia
  • Tremore alle mani
  • Sudorazione
  • Rossore al volto
  • Disturbi gastrointestinali
  • Diarrea
  • Tensione muscolare

Di conseguenza le persone con ansia sociale tenderanno a manifestare un ipersensibilità alla critica, alla valutazione negativa o al rifiuto o al rifiuto, una difficoltà ad esprimere le proprie opinioni essendo assertivi e ad avere sentimenti di inadeguatezza e bassa autostima. Spesso se non curata adeguatamente può compromettere la vita quotidiana, così da inficiare l’efficienza scolastica e lavorativa
Presso Brain Care, Anna Cantagallo e il suo staff lavoreranno per offrirti gli approcci più efficaci nel campo della psicoterapia e della medicina.
Visto che l’esposizione alla situazione sociale o prestazionale quasi invariabilmente provoca una risposta ansiosa immediata la conseguenza “naturale” sarà l’evitamento di tutte quelle situazioni che mi provocano disagio. L’evitamento è spesso marcato e può condurre ad un isolamento sociale pressoché completo. Per questo è necessario intervenire con metodi e tecniche specifiche per gestire i sintomi comportamentali e andare ad individuare quali sono i pensieri “disfunzionali” che hanno generato e mantengono il disturbo.

Non sottovalutare i sintomi che ti creano sofferenza e disagio, rivolgiti, anche solo per informazioni allo staff di professionisti di Anna Cantagallo.

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 21 febbraio 2016

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Anna Cantagallo- L’insonnia – Trattamento cognitivo- comportamentale

Anna Cantagallo e il suo staff ti possono aiutare a risolvere i tuoi problemi legati al sonno. La terapia cognitivo comportamentale (TCC )  è riconosciuta come il trattamento di prima scelta per l’insonnia primaria cronica, può essere applicata da sola o in associazione ai farmaci ipnotici, permettendo inoltre di ridurne l’uso.

Per questo è importante non sottovalutarla e rivolgersi a centri specializzati. Anna Cantagallo e il suo staff potranno offrirti competenze professionali che riguardano la medicina e psicologia per avere la massima probabilità di successo nella cura dei tuoi disagi.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale ha sviluppato un protocollo di riconosciuto dalla comunità scientifica, si chiama terapia cognitivo-comportamentale dell’insonnia (ITC-I).
TRATTAMENTO
Dopo un adeguato assessment mirato ad una corretta diagnosi differenziale alla valutazione di eventuali comorbidità. La TCC-I comprende sostanzialmente tre moduli:
1. igiene del sonno
2. cognitivo
3. comportamentale
Ciascuno di questi moduli prevede procedure standardizzate che lo staff di Anna Cantagallo metterà a tua disposizione.
L’obiettivo principale della TCC è individuare e modificare le cattive abitudini legate al sonno, cercando di regolare i ritmi sonno veglia. Di solito le persone con insonnia cronica non mantengono solo abitudini di sonno errate, ma tendono ad avere orari di sonno irregolari.
Tipico della terapia cognitiva è correggere credenze distorte e attitudini errate verso il sonno. Così attraverso le tecniche cognitive si arriverà a riformula i pensieri distorti che generano e mantengono il disturbo.
L’attivazione psicofisiologica è un fattore significativo nel determinare l’insonnia, la TCC attraverso tecniche e metodi specifici (rilassamento, tecniche immaginative) mira a ridurre questa attivazione.
Le ricerche mostrano che questa terapia è efficace per circa il 70% dei pazienti, permettendo di ottenere una sensazione di controllo sul proprio sonno. I miglioramenti nel sonno sono conservati per lungo tempo dopo la fine del trattamento, riducendo il rischio di ricadute

Se pensi di soffrire di disturbi legati al sonno, rivolgiti, anche solo per informazioni allo staff di professionisti di Anna Cantagallo.

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 20 febbraio 2016

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Anna Cantagallo – Le tecniche di rilassamento in ambito medico e psicologico

Anna Cantagallo e il suo staff rappresentano una guida preparata e competente in questo ambito, presso BrainCare troverai diversi percorsi terapeutici costruiti ad hoc per te.

La nostra mission è infatti il tuo benessere e quando si parla di benessere fisico e mentale abbiamo imparato che il saper rilassarsi è un passo fondamentale verso il miglioramento della propria qualità di vita.

Al di là del buon senso però, sapersi rilassare non è una cosa affatto banale e automatica. Diversi studi scientifici dimostrano infatti come alcune tecniche specifiche, se applicate in modo rigoroso da figure preparate e specializzate, abbiamo effetti significativi e duraturi sul nostro benessere.
Le tensioni che normalmente accumuliamo durante la giornata, e delle quali molto spesso non ne abbiamo coscienza, se eccessive e prolungate, possono trasformarsi in disturbi cronici e avere conseguenze anche significative per la nostra salute.
Nell’ambito di un approccio cognitivo-comportamentale esistono prove scientifiche che dimostrano come i processi psicologici siano connessi con il rilassamento e che, intervenire sui meccanismi che regolano quest’ultimo, può rappresentare un valido aiuto nella gestione dei disagi psicologici.
Gli psicoterapeuti che collaborano con Anna Cantagallo saranno in grado individuare quali sono i disagi legati al tuo stato di tensione e individuare quale tecnica di rilassamento può essere più adatta ad ognuno di noi.

Le tecniche maggiormente utilizzate nell’ambito della terapia cognitivo comportamentale sono

la desensibilizzazione sistemica (DS)
rilassamento progressivo di Jacobson,
il training autogeno,
l’ipnosi
la respirazione lenta
tecniche immaginative

Anche il sapersi rilassare è una cosa seria, affidati ad esperti, e diffida di chi non ha una formazione specifica.

Contatta Anna Cantagallo e il suo staff, cercheremo di chiarire tutti i tuoi dubbi e proporti le migliori e innovative terapie per accrescere la tua consapevolezza e migliorare la tua qualità di vita

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 19 febbraio 2016

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Anna Cantagallo – Il Biofeedback: uno strumento in aiuto alla medicina e alla psicologia

Che cos’è?
Biofeedback significa “retroazione biologica”, e con esso si intende una particolare tecnica che consiste nell’utilizzo di una strumentazione che misura e registra eventi fisiologici di due tipi: eventi sotto il controllo del Sistema Nervoso Autonomo – dei quali l’individuo non è normalmente consapevole – e attività legate al Sistema Muscolo Scheletrico – che in condizioni di normalità rispondono al controllo dell’individuo. Anna Cantagallo e io suo staff ti presenteranno la strumentazione più all’avanguardia per questo tipo di tecnica.

Generalmente il biofeedback è una tecnica che viene inserita come supporto ad altri metodi e tecniche, in un percorso completo che considera la mente e il corpo entità distinte ma comunicanti e interconnesse. Le diverse figure professionale che Anna Cantagallo dirige potranno aiutarti a trovare il percorso più adatto alle tue esigenze offrendoti diverse soluzioni per migliorare te stesso e la tua qualità di vita.

I campi di applicazione del biofeedback sono molteplici. L’obiettivo principale in qualsiasi campo lo si utilizzi è quello di aumentare la consapevolezza del paziente e quindi il controllo e l’autoregolazione di varie funzioni biologiche (tensione muscolare, conduttanza cutanea, temperatura cutanea, frequenza cardiaca etc. ).

I principali ambiti di applicazione sono:

  • Dolore dovuto a tensione muscolare
  • Bruxismo (discignare i denti)
  • Tics
  • Mal di testa ( Cefalea muscolo-tensiva, Emicrania )
  • Iperidrosi
  • Fibromialgia
  • Blefarospasmo
  • Disturbi psicosomatici (colon irritabile, gastralgie, ecc.)

Il biofeedback è inoltre utile come supporto nella terapia di disturbi correlati all’ansia, senso di soffocamento, ipertensione, tachicardia, dismenorrea, dolore cronico, sudorazione eccessiva, disturbi del sonno.

Anna Cantagallo e il suo staff sono a tua disposizione per qualsiasi chiarimento e informazione

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 17 febbraio 2016

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Anna Cantagallo: spunti per allenare e potenziare la memoria – la palestra cognitiva

La dottoressa Anna Cantagallo nel suo lavoro si occupa della stimolazione e potenziamento non solo delle persone che presentano deficit ma anche di persone abili o iper-abili.

E’ diffusa l’opinione che l’invecchiamento si accompagni inesorabilmente alla perdita di numerose funzioni sia fisiche che mentali. Col trascorrere degli anni udito, vista, memoria, intelligenza, agilità, forza fisica subirebbero un declino inevitabile. “Il deterioramento delle capacità mentali – che una cultura obsoleta continua a considerare “naturale” – è in realtà spesso causato, oltre che da numerose malattie, dalla carenza di esercizio mentale e fisico.” Afferma la dott.ssa Anna Cantagallo e continua “La ricerca scientifica sempre più spesso documenta come molte delle perdite attribuite alla macina del tempo sono provocate da un cattivo stile di vita, da abitudini alimentari scorrette e dallo scarso esercizio mentale e fisico. Va sottolineato che la grande maggioranza delle persone anziane – oltre i 65 anni – conserva un cervello in grado di funzionare in modo corretto”.
Per assicurarsi un invecchiamento di successo e un successo lavorativo, sportivo e personale nei soggetti giovani, può quindi essere molto utile tenere il nostro cervello in “allenamento” tramite la stimolazione cognitiva. “Quando parliamo di stimolazione cognitiva”- afferma la dottoressa Anna Cantagallo- “parliamo di un trattamento specifico finalizzato al potenziamento di funzioni quali la memoria, l’attenzione, il linguaggio, la capacità di ragionamento e concentrazione in persone di qualunque età, che vogliano migliorare la propria efficienza cognitiva”. Tale trattamento può essere rivolto a deficit specifici, attraverso programmi di riabilitazione individualizzati per il recupero di funzioni compromesse o il mantenimento di abilità residue.
Società italiane di neurologia e neuropsicologia hanno definito tali trattamenti efficaci nel rallentare i processi di decadimento.
I beneficiari di tali trattamenti sono:

  • i soggetti sani che vogliono mantenere attivo il cervello: per essi la dottoressa Anna Cantagallo e i professionisti BrainCare propongono delle sessioni di palestra cognitiva, ovvero una forma di stimolazione cognitiva di gruppo o individuale. I corsi, interamente personalizzabili a seconda delle esigenze e delle disponibilità dei partecipanti, sono finalizzati al potenziamento o consolidamento delle competenze cognitive (memoria, attenzione, linguaggio, ragionamento), attraverso attività ed esercitazioni pratiche, piacevoli e gratificanti.
  • Persone affette da deterioramento cognitivo: in questo caso i destinatari dell’intervento sono persone affette da deterioramento, la stimolazione cognitiva mira al rallentamento del declino che la demenza comporta: si basa sulla stimolazione delle funzioni cognitive non ancora compromesse, cercando di mantenerle e rallentando così il decorso della malattia, il peggioramento dei sintomi cognitivi e del loro impatto funzionale. Questi interventi sono connotati da un approccio attento ai fattori sociali, comunicativi ed emotivi e alle attività di vita quotidiana di ogni partecipante al gruppo.
  • Soggetti giovani che desiderano allenare la propria mente: BrainCare insieme alla dott.ssa Anna Cantagallo propongono una serie di strategie per migliorare la performance nelle varie componenti psicologiche.

Imparare alcune semplici regole di memorizzazione permette di prendersi cura quotidianamente del nostro funzionamento cognitivo:

  • prestare attenzione e concentrarsi nel momento della memorizzazione.
  • Evitare interferenze di altri oggetti, persone, informazioni quando si sta leggendo qualcosa da memorizzare.
  • Utile la lettura di libri sulla memoria e l’apprendimento: la comprensione dei processi neurali, cognitivi ed emotivi alla base della memorizzazione, e la riflessione su questi, possono essere molto utile per potenziare le proprie capacità mnestiche (meta memoria).

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 11 febbraio 2016

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Anna Cantagallo: la consapevolezza cos’è e come migliorarla. Un contributo neuropsicologico.

In letteratura esistono molte definizioni sull’autoconsapevolezza. La dott.ssa Anna Cantagallo, la definisce come “La nostra capacità di riflettere su noi stessi, essere consapevoli delle nostre risorse e dei nostri punti deboli, e di verificare l’effetto che facciamo agli altri si chiama coscienza o consapevolezza ed è una delle facoltà umane più importanti. Oltre all’uomo, soltanto le scimmie sono capaci di guardarsi allo specchio e riflettere su di sé.”

Essa è dunque una capacità molto rilevante per l’essere umano. Tuttavia può andare incontro a dei deficit di vario genere:
Anosognosia, cioè mancanza di consapevolezza di origine puramente neurologica (a = privo di; gnosis = conoscenza; nosos = malattia). Nella sua forma più pura può consistere in una mancanza di consapevolezza di una condizione, supponiamo, di paralisi, cecità o neglect spaziale. In genere è dovuta ad una lesione o deterioramento della parte posteriore dell’emisfero destro
Mancanza di consapevolezza dovuta a deficit cognitivi. Una conseguenza dei problemi cognitivi ge-nerali, come le menomazioni a carico della memo-ria, dell’attenzione e delle funzioni esecutive, è che la persona non è in grado di ricostruire e valuterei suoi deficit. Messo di fronte alla realtà, che ha un problema di consapevolezza di questo tipo manife-sta di solito una reazione emotiva, che sta a dimo-strare un “aumento di preoccupazione”.
Negazione. Che sia conscia o inconscia, è una rea-zione – per lo più un meccanismo psicologico di difesa – in cui ci si rifiuta di conoscere e di accettare il problema poiché farlo sarebbe troppo doloroso. Messa di fronte all’evidenza, le persona che nega in genere si agita e si arrabbia. Può tendere inoltre a razionalizzare, minimizzare o incolpare gli altri per le proprie difficoltà invece di accettare la realtà.

“I deficit di consapevolezza” afferma la dott.ssa Anna Cantagallo- “ possono essere di diversi livelli.”

  • Al livello più basso c’è la “consapevolezza emergente” ovvero la condizione di chi è in grado di riconoscere i problemi in corso, anche senza i segnali provenienti dagli altri, e di tanto in tanto può perfino cercare di correggerli.
  • A un livello leggermente superiore c’è una “consapevolezza intellettiva” e il paziente sa descrivere tutte le sue difficoltà.
  • Il livello più elevato è quello della “consapevolezza anticipatoria”, cioè la condizione della persona che prevede i problemi che potrebbero verificarsi a causa dei suoi deficit e adotta intenzionalmente e prima delle strategie compensatorie.

Esistono dei metodi per migliorare la consapevolezza che la dott.ssa Anna Cantagallo suggerisce in situazioni come quelle descritte precedentemente:

  • Scelta del momento: è importante scegliere accuratamente il momento più opportuno per attivare gli interventi.
  • Informazioni: non bisogna esitare a chiedere informazioni agli specialisti sia sugli aspetti più generali ma anche su aspetti specifici.
  • Questionari, test e altre valutazioni neuropsicologiche e psicologiche: un’appropriata valutazione neuropsicologica eseguita da un professionista è il metodo più appropriato per aiutare il paziente.
  • Psicoterapia e riabilitazione cognitiva: entrambi questi strumenti possono aiutare la persona a prendere maggiori consapevolezze del proprio problema e possono aiutarla a comprendere meglio se stessa.

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 10 febbraio 2016

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Anna Cantagallo: “L’intervista all’esperta: gli scacchi come palestra cognitiva, per adulti ma anche per bambini.”

Il gioco degli scacchi è diventato negli ultimi vent’anni un vero e proprio setting di laboratorio per studiare soggetti di tutte le età e perfino programmi per computer nell’ambito delle scienze cognitive.

Federico Manca, maestro internazionale di scacchi intervista Anna Cantagallo professionista nell’ambito clinico da oltre 25 anni come medico specializzato in neurologia e medicina riabilitativa, esperto di riabilitazione neurologica e neuropsicologica. Consulente presso numerosi Centri di Riabilitazione, e dal 2011 Direttore Scientifico di BrainCare, unica realtà in Italia che ad occuparsi di stimolazione e potenziamento cognitivo nei soggetti disabili ma anche nei normo e iper-abili. Docente presso gli Atenei di Padova, Torino, L’Aquila, Firenze e Napoli. Anna Cantagallo è stata Presidente della Società Scientifica Gruppo Interprofessionale di Riabilitazione in Neuropsicologia (GIRN) dal 2006 al 2014. Ha coordinato le sezioni di Riabilitazione Neuropsicologica della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER) e della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN). Ha pubblicato 3 libri, oltre 90 articoli su riviste internazionali e 5 test di valutazione neuropsicologica. E’ Editor Assistant della rivista scientifica “European Journal of Physical Medicine and Rehabilitation” (EJPMR). Infine la dottoressa Anna Cantagallo ha co-prodotto due cortometraggi dedicati alla memoria, ai suoi disturbi e al percorso necessario per il recupero, attraverso la storia narrata di 5 personaggi. Molto attiva nella divulgazione della neuropsicologia e delle scienze cognitive in tutte le età e in tutti i livelli culturali, viene spesso chiamata a comunicare su esse attraverso la stampa non scientifica e la televisione, o in caffè culturali.
Da un po’ di tempo BrainCare si sta interessando al gioco degli scacchi, che cosa ci vedi in questo gioco? e come spieghi questo interesse da parte tua che sei una Neurologa e Neuropsicologa?
“Si è vero, gli scacchi rappresentano un ottimo test per valutare i processi di risoluzione dei problemi e la cosiddetta expertise cioè l’insieme di competenze generali e specifiche che si associano al pensiero creativo. Nel giro di pochi anni c’è stato un ricco fiorire di teorie alcune delle quali hanno delle importanti ricadute anche nella psicologia dell’età evolutiva. La pratica scacchistica si basa sull’attivazione rapida, consapevole ed esperta di vari processi come ad esempio la memoria, in particolar modo quella di lavoro, la prospettica, la memoria a lungo termine; il problem Solving, l’autocontrollo e per ultima anche la teoria della mente. Durante la prestazione scacchistica le ricerche hanno rivelato, l’attivazione bilaterale della corteccia frontale superiore, dei lobi parietali, dell’ emisfero sinistro e della corteccia occipitale che accompagna tutte le fasi del gioco in misura direttamente proporzionale alla complessità. Dato l’ampio coinvolgimento del lobo frontale, gli scacchi possono essere impiegati utilmente nella riabilitazione. In particolar modo nella sono molto utili per trattare le psicosi schizofreniche dove si sono rivelati utili nel diminuire la frequenza dell’intensità di deliri e allucinazioni, disturbi formali del pensiero e abulia potenziando le capacità di attenzione selettiva e di filtraggio delle informazioni non rilevanti. Poi naturalmente il gioco degli scacchi ha un effetto protettivo contro gli effetti dell’invecchiamento soprattutto sulla funzionalità cerebrale ma aggiungerei io anche sulla promozione del funzionamento sociale dell’anziano. Infine il gioco degli scacchi è un utile alleato nella gestione dell’emozione negative”.
Credi che gli scacchi possano essere utili come materia curricolare nelle scuole?
“Come ti accennavo prima ci sono molte teorie al riguardo che riguardano questo gioco e le variabili psicologiche, tra queste la teoria dei chunk di memoria e quella delle configurazioni globali template theory. Entrambe interpretano l’evoluzione cognitiva del bambino come lo sviluppo della capacità metacognitiva di attribuire un significato astratto a configurazioni percettive precedentemente memorizzate. La pratica continua con questo gioco favorisce dunque l’acquisizione degli stadi piagetiani dell’intelligenza operatoria concreta e operatoria formale. È  interessante notare che il gioco degli scacchi può rivelarsi utile anche nella prevenzione dei disturbi d’ansia e degli attacchi di panico in particolare. È ampiamente noto in letteratura che l’attività fisica aerobica previene l’insorgenza o le ricadute degli attacchi di panico perché desensibilizza il soggetto nei confronti le sensazioni di arousal psicofisiologico connesse con l’attività sportiva ed ora, recenti ricerche condotte mediante il biofeedback hanno dimostrato che durante una partita di scacchi aumenta significativamente sia la frequenza cardiaca che il tasso di scambi gassosi  durante la respirazione tali aumenti dell’arousal sono specificamente correlati alle fasi critiche della partita. È possibile così ipotizzare che un allenamento continuo con gli scacchi possa sortire effetti analoghi a quelli del jogging o di qualunque altra attività fisica aerobica nel migliorare la tolleranza delle persone alle sensazioni cardiache e respiratorie correlate alle situazioni di stress. Inoltre il potenziamento dei meccanismi di elaborazione dell’informazione su cui si basano scacchi può aiutare bambini e adolescenti a sviluppare difese più mature di fronte all’angoscia aiutandoli ad incalanare l’aggressività e la competizione verso una direzione che permette loro di crescere”
Che cosa ne pensi dei giocatori di scacchi?
“Penso che siano persone che mantengono in allenamento il proprio cervello divertendosi grazie a questo passione.”
Sicuramente nella tua attività professionale devi aver conosciuto molte persone interessanti e talvolta famose, c’è qualche episodio in particolare che ti è rimasto impresso?
Federico ti posso confessare che tutte le persone con le quali lavoro (sia chi ha un disturbo, sia chi sta bene e vuole migliorarsi nell’ambito del lavoro o dello sport o della vita privata), tutte hanno qualcosa di speciale e interessante. E ciascuna di loro mi insegna qualcosa. O dal punto di vista scientifico o da quello relazionale. Gli episodi sono tanti e tutti i giorni si presentano. Quando ero alle prime armi, ho avuto la fortuna di lavorare in ospedale con un paziente molto famoso, Federico Fellini: la sua genialità era quella di avere l’empatia e la parola giusta per poter comunicare sia con il Presidente della Repubblica che con l’operaia delle pulizie. Possedeva l’intero “cosmo umano” dei pensieri e delle emozioni dentro di sé. Il primo giorno quando ci conoscemmo mi disse: “Anna, per lavorare con me dobbiamo essere sinceri e togliere tutte le barriere medico-paziente. Cominciamo subito dal “Tu”. Ci stai?” Come dirgli di no?
Altro episodio. Roberto, ambasciatore italiano in Sud Africa, amnesico dopo un grave incidente con trauma cranico e inconsapevole del suo disturbo, ha seguito un programma di riabilitazione con me per ben 2 anni. Quando era in sala d’attesa era molto “professional”: valigetta da lavoro, pc, carte, documenti… tanto è vero che le persone della clinica mi dicevano “c’è un tuo collega che ti aspetta in sala d’attesa”. Ma non ricordava nulla, nemmeno il mio nome, e quando lo facevo entrare in ambulatorio aveva la non-chalence di salutarmi con “Carissima!!” perché Anna proprio non so lo ricordava.
Che cosa ti da maggiore soddisfazione nel tuo lavoro?
Lasciare un segno: nei miei pazienti un miglioramento, un ricordo anche dopo tanti anni; nelle lezioni insegnare nozioni nuove; nelle conferenze dare un punto di vista innovativo; nella letteratura attraverso i miei articoli scientifici che vengono citati più volte negli altri articoli dagli altri autori.
Sicuramente il tuo lavoro ti mette in contatto con gente che soffre, che cosa ne pensi della società dove viviamo? le persone secondo te sono felici?
Forse sono fortunata io o forse attiro le persone felici: ma anche nel mio lavoro trovo sempre persone motivate che hanno voglia di crescere. I miei pazienti, ma anche i miei collaboratori. Se non fossero molto motivati non potrebbero lavorare con me i pazienti e i loro familiari per mesi di riabilitazione, o i collaboratori coi miei ritmi e le mie richieste di eccellenza. Il dolore o la fatica di oggi devono trovare un significato perché possano essere accettati come momento transitorio e necessario verso l’obiettivo di domani. E in questo percorso di crescita è importante sapere gioire anche della piccola gratificazione quotidiana che ci arriva sempre. Basta vederla.
Un consiglio che ti sentiresti  di dare ad un(a) giovane che volesse avviarsi alla tua professione.
Se sei una persona curiosa, studiosa, intelligente, creativa, flessibile, empatica, allora il mio lavoro fa per te. Altrimenti… lascia perdere!

Autore Anna Cantagallo

Pubblicato il 05 febbraio 2016

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