Author Archives: Cantagallosede

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Saggezza e neuroscienze: nuove prospettive per la sua “misurazione”

Saggezza e neuroscienze. La saggezza è sempre stato un concetto interessante ma spesso ambiguo: chi è saggio? In base a cosa? La saggezza raggiunge tutti ad una certa età? Molti studi si sono preposti di rispondere a queste domande, ma i risultati non sono stati sempre soddisfacenti. È difficile stabilire il “grado di saggezza” di una persona, anche perché il concetto stesso di saggezza è difficile da definire e categorizzare, dato che spesso dipende dal modo in cui la cultura di riferimento lo concepisce.

Le neuroscienze, oggi, però vengono in aiuto. Attraverso la misurazione di alcuni parametri neurobiologici e psicosociali potrebbe essere possibile “calcolare” la saggezza di ognuno di noi: lo studio dell’algoritmo che permetterebbe la trasformazione di un concetto prettamente psicologico in un dato concreto è stato pubblicato nel Journal of Psychiatric Research: in uno studio di 524 volontari inseriti in un progetto di ricerca ancora in corso (Successful Aging Evaluation o SAGE), è stato utilizzato il calcolatore che propone una serie di affermazione a cui il soggetto è chiamato a rispondere sul fatto che le condivida o meno; i risultati ottenuti sono poi stati confrontati con due strumenti già in uso nella pratica clinica che sono la ’12-item Three-Dimensional Wisdom Scale’ e la ’40-item Self-Assessed Wisdom Scale’.

neuroscienze e tecnologiaL’assunto teorico alla base di tale strumento è che il livello individuale di saggezza può essere spiegato studiando la neurobiologia del soggetto, riferendoci in questo caso alle caratteristiche anatomiche e funzionali del suo cervello; inoltre, sembrano essere diverse le aree e i sistemi neurali responsabili delle diverse componenti della saggezza, come Dilip Jeste (docente di psichiatria dell’Università di San Diego e direttore del centro Healthy Aging) afferma (http://www.popsci.it/saggezza-la-calcolera-uno-strumento-ad-hoc.html).

Come sostiene la Dott.ssa Anna Cantagallo, “ancora una volta l’incontro con le neuroscienze ha portato ottimi frutti; permette non soltanto di portare nuove validazioni nel campo della psicologia, specialmente per concetti come la saggezza che si pensava non avessero un “riscontro” organico, ma anche di incrementare la conoscenza del nostro cervello, nei suoi aspetti più complessi.”

Lo strumento, dunque, oltre che tentare di dare una svolta in alcune pratiche cliniche, specialmente nelle valutazioni cognitive, potrebbe risultare un’importante risorsa per le sperimentazioni in ambito di HR aziendali  che si prefiggono di portare alla luce nuove conoscenze psicologiche, neurologiche e funzionali sul cervello, nella direzione di nuovi approcci e sviluppi.


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Libro Osa Community: dagli imprenditori per gli imprenditori!

Osa Community presenta il III atto del libro “Come ce l’hanno fatta 70 imprenditori italiani”: la Dott.ssa Anna Cantagallo rientra tra questi 70 protagonisti e co-autori del libro!

Ogni grande azienda è anche una grande famiglia: non importa la dimensione, ma l’unione interna.

Il libro è scritto proprio per suggerire 70 strategie d’impresa. Queste hanno lo scopo di ispirare e donare nuove prospettive a chi si avvicina a questo mondo e a chi lo conosce ma è sempre pronto a guardarlo con occhi diversi.

La dott.ssa Cantagallo, co-autrice, scrive un capitolo che parla di corpo, mente e cuore. Mettendo nero su bianco emozioni, consigli ed esperienze che sono il risultato di ogni suo piccolo e grande successo ed insuccesso.

All’interno della sezione “Energia dell’imprenditore”, il suo contributo permette di comprendere due grandi qualità nella relazione con l’altro: la comunicazione e l’empatia.

Le esperienze della Dott.ssa Cantagallo sono così al servizio di tutti, con consigli e suggerimenti che possano aiutare l’imprenditore a guardare il singolo per arrivare a team ed aziende facendo sì che ognuno possa esprimere a pieno il proprio potenziale.

Per acquistare il libro clicca qui!


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In arrivo il nuovo libro della Dott.ssa Cantagallo: “Quel tesoro del tuo cervello”!

“Quel tesoro del tuo cervello” è il nuovo libro della Dottoressa Anna Cantagallo. E’ creato come un viaggio alla scoperta delle tue qualità e capacità, col fine di aiutare le persone over 40 per le loro chiarezza e lucidità mentale. Grazie a queste è possibile dare sempre il proprio massimo contributo, tramite la conoscenza dei meccanismi e delle potenzialità della mente, agli esercizi pratici e alla misurazione consapevole dei propri progressi.

Il viaggio si snoda attraverso 16 tappe, suddivise in Parte I e Parte II. Grazie a questo percorso potrai elaborare una soluzione specifica per ogni tuo bisogno e velocizzare così il raggiungimento del tuo obiettivo in modo misurabile e garantito.

Il libro sarà un viaggio avventuroso o misterioso, con te e dentro di te: il suo assunto di base è che Tu hai già tutto, il tuo Tesoro, basta riscoprirlo e ritrovarlo.

I capitoli attraversano il tuo cervello ed il tuo corpo in 2 tappe: la prima nel primo volume fino al capitolo 8, la seconda nel secondo volume dal capitolo 9 in poi. Potrai viaggiare alla scoperta delle tue percezioni, memorie, attenzioni, emozioni, organi e tanto altro che è dentro di te ma devi ancora scoprirlo!

Ogni capitolo si avvicina al lettore per capirne le preoccupazioni quotidiane, il contributo delle neuroscienze, qualche curiosità e pratici esercizi con accenni alle patologie. Così, per ogni necessità o debolezza, riuscirai a leggerla, interpretarla, misurarla ed a trovare il consiglio giusto e applicare l’esercizio pratico-operativo per ridurla o superarla.

Non perdere questa grandiosa occasione di crescita personale!


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sport

Sport. Praticare alcuni tipi di sport aiuta ad alleviare l’ansia

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Sport. Spesso lo sport è stato studiato in un’ottica di “cura” per le più diffuse psicopatologie, tra cui il disturbo d’ansia. In particolare, gli studi hanno cercato di capire quali sport facciano la differenza rispetto ad altri nell’esercitare un’azione ansiolitica: una revisione di 16 studi pubblicata da Sports Medicine ha dimostrato che gli sport con “allenamento contro resistenza” (ovvero esercizi di potenza come il sollevamento pesi) riescano a diminuire lo stato d’ansia in coloro che li praticano. In quest’ottica, chi pratica questi sport soffrirebbe meno di disturbi d’ansia.sport

Brett Gordon, autore dello studio sopracitato, istruttore di educazione fisica e ricercatore in tema di sport presso l’Università di Limerick in Irlanda, indica che  “l’allenamento regolare con esercizi di potenza, (resistance exercise training, RET) ha significativamente ridotto l’ansia nei soggetti sani e anche in quelli con una patologia fisica o mentale, e la dimensione dell’effetto di queste riduzioni è paragonabile a quella dei trattamenti di prima linea, quali farmaci e psicoterapia” (http://www.popsci.it/gli-sport-di-resistenza-sono-ansiolitici.html).

Non è possibile, ad oggi, indicare se questa tipologia sia l’unica efficace nel trattamento dei disturbi d’ansia, né se sia migliore o peggiore di altre; ciò che risulta però importante è che grazie a questi studi vi sono nuove prospettive per gli approcci terapeutici al disturbo d’ansia, molto spesso considerato dai pazienti come “insuperabile”, dato il grado di difficoltà che produce nel condurre la vita di ogni giorno.

Come la dott.ssa Anna Cantagallo ci indica, “il trattamento del disturbo d’ansia prevede un approccio che non sia limitato alla prescrizione di farmaci ansiolitici, che spesso portano ad assuefazione dopo brevi periodi; insieme ad una terapia psicologica, l’incontro con le neuroscienze ha permesso di considerare altre tipologie di approcci, che riconsiderano l’utilizzo di nuove strategie, quali ad esempio gli sport che dimostrano una particolare efficacia per queste specifiche condizioni”.

Se i sintomi ansiosi non si risolvono e hai voglia di provare dei nuovi approcci terapeutici da affiancare ai classici, in BrainCare puoi trovare un team di professionisti che metteranno le loro competenze ed il loro tempo a disposizione per proporti nuove soluzioni su misura per te.


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I dieci benefici che porta fare esercizio fisico

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Esercizio fisico. Un costante esercizio fisico migliore l’efficienza del corpo e agisce positivamente sull’attività mentale coordinando e concentrando le funzioni corporee secondo tecniche espressive che coinvolgono il corpo e la mente di un individuo.Sono moltissimi i reali benefici che l’attività fisica ha su tutta la nostra persona, al sonno al livello di energia e persino alla memoria e all’umore.esercizio fisico

Un allenamento regolare è la chiave per una vita più sana, equilibrata e anche più serena

  1. L’insonnia è un disturbo del sonno che si manifesta attraverso l’incapacità di dormire, anche quando l’organismo ne ha il reale bisogno. L’esercizio fisico può aiutare chi soffre di questo fastidioso problema. L’allenamento  fisico comporta un leggero aumento del calore corporeo, che poi si “raffredda” nelle ore successive. Questo costante calo della temperatura corporea interna segnala al cervello che è ora di riposarsi. L’attività fisica deve però essere regolare, come evidenzia una ricerca della Northwestern University di Chicago, negli Usa, pubblicata sulla rivista Journal of Clinical Sleep Medicine. L’esercizio fisico ha sì una funzione importante per combattere l’insonnia, ma bisogna avere un po’ di pazienza. Non basta quindi impegnarsi per 45 minuti in una corsa oppure a fare esercizi sul tappetino, per avere effetti positivi è necessario svolgere un allenamento regolare.
  2. L’esercizio fisico ha effetti positivi sull’umore di chi lo pratica, alzando i livelli di felicità. Questo è dovuto al fatto che il movimento stimola la produzione di sostanze chimiche come la serotonina, la dopamina e la noradrenalina, neurotrasmettitori che hanno il compito di mediare il piacere nel cervello.Sono gli esperti dell’University of Cambridge in Inghilterra che rivelano questa teoria, grazie ai risultati ottenuti da uno studio durato 17 mesi ed effettuato su oltre diecimila individui. L’esperimento si è svolto con l’utilizzo di una app per cellulare attraverso una duplice funzione. In primo luogo l’obiettivo era di misurare i dati fisici dell’individuo durante l’attività (respirazione, battiti ecc…), e in seguito di analizzare l’umore delle persone grazie ad un questionario, nel quale i soggetti dovevano specificare cosa avessero fatto nei 15 minuti precedenti al questionario stesso. I risultati hanno dimostrato che gli individui che nel quarto d’ora precedente al questionario avevano svolto attività fisica, registravano dei livelli di felicità sensibilmente più elevati rispetto a chi non aveva svolto alcun tipo di esercizio fisico. I soggetti interessati hanno poi riferito che, nel lungo termine, l’attività fisica ha migliorato il grado di soddisfazione generale per la loro vita.
  3. Un errore che molti adulti commettono è quello di impegnarsi in attività di cardio e allo stesso tempo di allontanarsi dall’allenamento di resistenza e dalla costruzione muscolare. È fondamentale includere nella vostra routine di fitness anche l’allenamento di forza e lo stretching. Il sollevamento pesi, gli esercizi con il peso corporeo e i movimenti di yoga, aiutano a migliorare la forza e la massa muscolare, aspetto molto importante con l’avanzare dell’età. L’aumento dei muscoli aiuta inoltre il tuo corpo a bruciare calorie in modo più efficiente e più a lungo anche quando l’allenamento è finito.
  4. Ciò che si rivela invece fondamentale per aumentare la flessibilità del proprio corpo è lo stretching, praticandolo regolarmente diventeranno più facile e agevoli anche le attività di tutti i giorni.
  5. L’attività fisica rappresenta un ottimo rimedio naturale per la prevenzione delle malattie cardiache. Il cuore infatti è uno di quegli organi che risente dei benefici dell’attività fisica, è proprio grazie all’allenamento che possiamo svilupparlo, renderlo più forte, più resistente e meno sensibile agli effetti dell’invecchiamento.Anche per le persone che già sono a conoscenza di soffrire di malattie cardiache uno sport adeguato, praticato regolarmente, può permettere una riabilitazione cardiaca secondaria ridando fiducia anche nelle proprie capacità.Come affermano studi condotti dai ricercatori della Divisione di Cardiologia Riabilitativa Fondazione Salvatore Maugeri, il movimento produce effetti positivi indiretti e diretti.Tra i benefici indiretti ci sono: il rafforzamento della muscolatura scheletrica e i cambiamenti su alcuni stili di vita scorretti, in particolare la riduzione dello stress.Mentre i benefici diretti che l’attività fisica ha sul sistema cardiovascolare includono la riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa a riposo e da sforzo e un incremento ella contrattilità cardiaca.
  6. I ricercatori Keita Kamijo e Tyuji Abe, della Waseda University di Tokyo, hanno dimostrato che l’attività aerobica ha effetti positivi sulla capacità di pianificazione, mantenimento dell’attenzione e capacità di destreggiarsi tra diverse attività.Nella ricerca sono stati arruolati 28 uomini e hanno proposto a loro di svolgere alcuni compiti che sfruttano la memoria lavorativa. I soggetti coinvolti  hanno usato la loro memoria di lavoro prima, subito dopo e 30 minuti dopo tre momenti di test eseguiti in tre giorni diversi. I periodi di test, assegnati in modo casuale, hanno avuto una durata di circa 25 minuti l’uno. In uno, gli uomini si esercitavano con una cyclette. Nel secondo hanno svolto un compito cognitivo stando seduti su una bicicletta ma senza pedalare e infine nel terzo hanno unito le cose svolgendo un compito cognitivo mentre pedalavano.Gli effetti positivi dell’esercizio in cui era richiesto solo di pedalare si sono visti 30 minuti dopo, mentre quello misto, fisico e cognitivo, ha fatto registrare un affaticamento cognitivo. Dall’evidenza dei risultati gli esperti consigliano di limitarsi all’esercizio fisico senza aggiungere sforzi cognitivi. Sovraccaricarsi con troppi compiti può stancare il cervello.
  7. Parlando ancora di memoria, alcuni ricercatori hanno dimostrato i benefici dell’attività fisica sulla memoria ad alta interferenza. Nella ricerca condotta dalla McMaster University, in Canada, pubblicata su Journal of Neuroscience gli studiosi hanno preso in esame 95 adulti sani. Una parte di loro, il gruppo sperimentale, ha svolto esercizio fisico per sei  settimane; nel gruppo di controllo invece gli adulti hanno condotto una vita sedentaria. Al termine delle sei settimane risultavano migliorate le prestazioni di memoria ad alta interferenza dei soggetti del gruppo sperimentale rispetto a quelli del gruppo di controllo.
  8. Quando siamo stanchi ed indeboliti, l’ultima cosa che vogliamo fare è esercizio fisico. I ricercatori dell’Università della Georgia in una ricerca pubblicata sulla rivista Psychotherapy and Psychosomatics ha invece dimostrato che l’esercizio regolare a bassa intensità può aiutare a rafforzare i livelli di energia, soprattutto nelle persone che soffrono di affaticamento. Lo studio ha coinvolto 36 volontari che non erano soliti esercitarsi e che lamentavano stanchezza persistente. Ad un gruppo sono stati prescritti 20 minuti di esercizio aerobico di moderata intensità per tre volte la settimana. Il secondo gruppo si è impegnato in un esercizio aerobico a bassa intensità per lo stesso periodo di tempo, mentre un terzo gruppo di controllo non ha fatto nessun tipo si esercizio fisico. Entrambi i gruppi di esercizi hanno avuto un aumento del 20% dei livelli di energia entro la fine dello studio, rispetto al gruppo di controllo, anche se un esercizio più intenso non è il modo migliore per ridurre la fatica, infatti Il gruppo a bassa intensità ha riportato un calo del 65% nei sentimenti di affaticamento, rispetto a un calo del 49% nel gruppo che fa un esercizio più intenso.
  9. Anche la riduzione del rischio di morte prematura è tra gli importanti benefici dell’esercizio fisico. Un ampio studio australiano apparso sulla rivista Jama Internal Medicine che ha seguito per sei anni oltre 200mila persone di età compresa tra i 45 e i 75 anni. Analizzando i dati raccolti nella ricerca è emerso che aumentare l’intensità dell’allenamento favorisce la longevità, e questo anche dopo aver considerato altri possibili fattori come l’età, il livello di educazione, le abitudini ecc.. Inoltre, il rischio di morte prematura diminuisce all’aumentare dell’attività intensa svolta. Quando questa costituisce un terzo dell’allenamento complessivo, la riduzione del rischio è del 9%, mentre è del 13% quando l’allenamento intenso supera quella soglia.
  10. Esercitarsi nei giorni di lavoro rende più produttivi, felici e meno vulnerabili allo stress. Questo è quanto rivelato dai ricercatori dell’Università di Bristol in una ricerca pubblicata sull’International Journal of Workplace Health Management. I risultati statistici parlano chiaro: nei giorni di allenamento, l’umore delle persone migliorava significativamente dopo l’esercizio. Il consiglio degli esperti è quello di abituarsi ad una pausa attiva nella propria giornata lavorativa.

Se vuoi migliorare il tuo stato di benessere generale e sviluppare un programma di allenamento quotidiano che sia ad hoc per la tua persona ed integrato in una consulenza medico-psicologica completa, puoi rivolgerti a noi BrainCare, dove potrai trovare l’aiuto che cerchi grazie ai programmi personalizzati messi a punto dal nostro team di professionisti.


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efficacia personale

Efficacia personale. I due atteggiamenti che condizionano la nostra vita

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Efficacia personale. Quali sono i fattori che la influenzano? A spiegarcelo è la dott.ssa Anna Cantagallo, medico referee in neuroscienze.

“Innanzitutto, la prima grande distinzione ha a che fare con la modalità con la quale ognuno di noi concepisce le proprie abilità. Esiste infatti una mentalità chiamata fixed mindset, e una di tipo growth mindset: la differenza risiede nel fatto che mentre la prima è di tipo statico, la seconda invece è tipica di individui che hanno una visione dinamica del mondo. A dirlo è Carol Dweck, docente di Psicologia presso la Stanford University.”

“Secondo una mentalità statica, intelligenza e creatività sono abilità innate; di conseguenza, non si possono modificare nel corso della vita: una logica statica sostiene infatti che “intelligenti si nasce”.

Al contrario, una mentalità dinamica concepisce le abilità come un qualcosa che può modificarsi costantemente durante tutta la vita, attraverso una pratica costante in grado di far emergere il proprio potenziale: secondo questa logica, “intelligenti si diventa”.”

Continua Anna Cantagallo: “Queste profonde differenze influenzano in modo determinante la concezione che ognuno di noi ha in merito al concetto di efficacia personale; in particolare, ci sarebbero marcate differenze nella modalità con cui si affrontano i fallimenti: mentre una fixed mindset considera la sconfitta una prova del proprio mancato talento, la growth mindset fa del fallimento una forza, considerandolo come una spinta ad intensificare i propri sforzi.”

efficacia personale

“Tra i fattori che determinano le differenze, rivestirebbe un ruolo fondamentale l’insegnamento che i genitori ci hanno impartito durante i primi anni d’infanzia.

In generale, ognuno di noi nasce con una naturale predisposizione verso una mentalità dinamica, ma a fare la differenza è la mentalità che possiedono i genitori: quelli che a loro volta possiedono una growth mindset saranno infatti più propensi ad incentivare la mentalità innata del bambino, contrariamente a quelli che possiedono una mentalità di tipo fixed.

Concludendo, si potrebbe dire che la differenza nel modo in cui si concepisce il senso di efficacia personale dipende dall’essere stati indirizzati a dare importanza al talento piuttosto che all’esercizio.”

“Nonostante i genitori rivestano un ruolo fondamentale, bisogna considerare anche altri aspetti: secondo la Dweck infatti, ognuno di noi, in una certa misura, sarebbe capace di sviluppare una mentalità dinamica.

Inoltre, è importante considerare che nessuno di noi possiede una mentalità totalmente fixed o growth: essa è sempre derivante da un mix tra le due tipologie. Anche la persona più statica possiede, seppur in piccola parte, una dose di dinamicità, e viceversa.”

“La diversità nel modo di concepire l’autoefficacia ha ripercussioni su moltissimi aspetti della nostra vita quotidiana, tra cui i rapporti d’amore.

Anche in questo caso, chi possiede una mente dinamica sembra essere avvantaggiato: individui che rientrano in questa categoria prendono atto serenamente del fatto che non esistono relazioni perfette; anzi, esse si caricano di significati proprio grazie a tutte quelle occasioni in cui entrambi i partner hanno cercato di lavorare per riparare tutti quegli aspetti più deboli e carenti della relazione. Al contrario, una mente statica tende a non accettare gli sbalzi e le incomprensioni, concependo la relazione come un rapporto che non ammette intoppi e che pertanto dev’essere sempre perfetto.” Conclude Anna Cantagallo.

Se anche te sei interessato a migliorare le tue inclinazioni, troverai presso BrainCare un team esperto e pronto a seguirti in ogni tua esigenza, che ti permetterà di creare il tuo percorso personalizzato con lo scopo di migliorare il tuo approccio in moltissimi ambiti della tua vita, tra cui quella lavorativa, familiare e personale.

Ti aspettiamo!


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Funzioni esecutive: valutazione e riabilitazione

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Funzioni esecutive. Le funzioni esecutive sono quelle capacità che riguardano i processi mentali finalizzati all’elaborazione di schemi cognitivo-comportamentali adattivi che servono ogni qualvolta bisogna risolvere un nuovo compito. Il DSM-V definisce le abilità esecutive come alla base della pianificazione, presa di decisioni, memoria di lavoro, risposta correttiva a un feedback di errore, abitudini predominanti, flessibilità mentale. Le tre funzioni di base delle funzioni esecutive sono: shifting, la flessibilità cognitiva di passare da un’operazione mentale a un’altra controllando l’interferenza reciproca tra le due azioni; inhibition, abilità di controllare le risposte automatiche che interferiscono nel raggiungimento di uno scopo; updating, capacità di mantenere, aggiornare ed elaborare le informazioni a mente nel tempo utile alla risoluzione di un compito.funzioni esecutive

La sindrome disesecutiva colpisce per lo più i sistemi cognitivi legati alla programmazione, organizzazione, controllo comportamentale o flessibilità nell’adattarsi a situazioni nuove.  Dunque un deficit relativo alle funzioni esecutive comporta una incapacità di inibizione di risposte automatiche che sono non pertinenti al compito, una difficoltà a pianificare con accuratezza i compiti e mantenere uno schema comportamentale inibendo qualsiasi tipo di interferenza e un deficit della memoria di lavoro che potrebbe ripercuotersi sull’attenzione.

I test che sono più utilizzati per la valutazione delle funzioni esecutive sono: la Torre di Londra, che prova la capacità di pianificazione, di problem solving e d’inibizione; dimentional change card sort test, è un compito che valuta la flessibilità, matching familiar figure test, valuta l’uso di strategie di ricerca visiva, controllo della risposta impulsiva e dell’interferenza.

Intervenire sulle Funzioni Esecutive significa lavorare con un insieme di capacità molto complesse che hanno ripercussioni sull’autonomia e sul funzionamento sociale del paziente. Ad esempio si può lavorare sulla pianificazione, esplicitando una sequenza di azioni che bisogna mettere in atto per raggiungere un obiettivo; memoria di lavoro visuo-spaziale e verbale; training di inibizione, proponendo attività che seguono il paradigma di Stroop, volto a bloccare la risposta più immediata ed automatica e favorire quella che potremmo definire secondaria; training di shifting, cambiare il criterio in atto nel corso dell’azione. La letteratura ci insegna che per potenziare le funzioni esecutive nei pazienti cerebrolesi bisogna utilizzare delle procedure che si focalizzano sull’esercizio continuo e su più livelli, al fine di incrementare la possibilità che gli effetti del training si trasferiscano ad altre abilità su cui non si è direttamente lavorato.

Obiettivi:

  • Acquisire la capacità di progettare un percorso di riabilitazione con un paziente con disturbi delle funzioni esecutive
  • Fornire modelli clinici e teorici che presentino le problematiche coinvolte da tali disturbi
  • Comprendere il cambiamento clinico e psicologico del paziente
  • Imparare a riconoscere e valutare un paziente con deficit delle funzioni esecutive

Programma corso:

8.30 -09.00: Registrazione dei partecipanti
9.00 – 10.00: Modelli teorici e clinici: le funzioni esecutive
10.00 – 11.00:  Aspetti valutativi delle funzioni esecutive
11.00 – 11.30:  Pausa caffè
11.30 – 12.30: Modelli per la riabilitazione delle funzioni esecutive
12.30 – 13.30: Strategie di valutazione e riabilitazione: modelli clinici specifici
13.30 – 15.00:  Pausa Pranzo
15.00 – 16.00: Presentazione di casi clinici con discussione
16.00 – 18.00: Strategie e tecnologie di valutazione e riabilitazione personalizzate per casi specifici

Docente:
Dott.ssa Anna Cantagallo:
Medico neurologa e fisiatra, referee in neuroscienze. Direzione scientifica BrainCare.

Quota di partecipazione:
122 € + IVA

Sede:
BrainCare Direzione Generale – Via Fornace Morandi 24, Padova

Modalità di iscrizione:

Per iscriverti ai corsi 2018 è sufficiente compilare la scheda di iscrizione che trovi nella BROCHURE CORSI 2018 inviarla assieme alla ricevuta di pagamento a segreteria@braincare.it

Per effettuare il bonifico di iscrizione ai corsi seguire le seguenti coordinate bancarie:
IBAN: IT 70 Q 03268 12100 052832701030
Intestato a BrainCare srl
Banca Sella s.p.a., via S. Marco, 11/C – 35129 – Padova

Per completare l’iscrizione è sufficiente inviare la ricevuta del pagamento e il modulo di iscrizione adeguatamente compilato, al seguente indirizzo: segreteria@braincare.it.

Il corso fa parte del programma formativo del 2018 in tema di neuropsicologia. Scopri qui tutti i corsi in programma.


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comportamento

Valutazione e riabilitazione dei disturbi del comportamento conseguenti a lesioni cerebrali e sostegno e addestramento ai familiari

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Comportamento. Il comportamento riguarda l’espressione manifesta, l’azione e la reazione, di un individuo inserito in un contesto sociale. I disturbi del comportamento si manifestano attraverso una difficoltà di controllo e di gestione delle proprie emozioni, incapacità di adattare il proprio comportamento all’ambiente, scarsa capacità di empatia, bisogno urgente di soddisfare i propri bisogni, aggressività, rabbia, trasgressione alle norme sociali e morali, incapacità di relazione. I disturbi comportamentali generalmente sono dovuti ad una lesione delle aree prefrontali del cervello e delle loro connessioni con altre strutture cerebrali, che possono manifestarsi immediatamente dopo il trauma o a distanza di tempo, e permanere nel tempo.comportamento

Tali comportamenti “anomali” possono determinare un deterioramento delle relazioni dell’individuo affetto da lesione e il suo intorno sociale prossimale e distale, dato che la lesione cerebrale agisce modificando le componenti della personalità e le reazioni emotivo-motivazionali. Per riabilitare tali pazienti è necessario approfondire attraverso l’utilizzo di test quali funzioni sono state alterate dalla lesione. Gli interventi non farmacologici per i disturbi comportamentali comprendono la musicoterapia, l’arteterapia, la danza, la ludoterapia, la Pet terapia. Molti studi recenti evidenziano che la gravità dei sintomi comportamentali sia più dovuta a delle variabili contestuali piuttosto che individuali. Dietro ad un comportamento aberrante si cela una profonda sofferenza e dunque una necessità di sostegno. Importantissimo ruolo ricopre il sostegno dalla rete sociale prossimale, costituita dai membri della famiglia (caregivers). La letteratura scientifica ci insegna che specifici interventi rivolti all’addestramento di familiari, rappresentano uno strumento per contrastare l’evoluzione di disturbi cognitivi e comportamentali legati a lesioni cerebrali. E’ necessario dunque rendere il familiare autonomo e competente nell’assistenza, ridurre lo stato di ansia migliorando la vita familiare e rendere anche l’ambiente sicuro e adattabile al paziente. L’addestramento dei caregiver è possibile grazie al trasferimento di conoscenze, metodologie e strumenti di gestione comportamentale.

Obiettivi

  • Fornire nozioni base sulla condizione del paziente con lesione cerebrale
  • Imparare a gestire la condizione patologica in famiglia
  • Conoscere le difficoltà psicologiche e fisiche del paziente
  • Imparare a valorizzare le risorse e i limiti del paziente

Programma del corso

8.30 -09.00: Registrazione dei partecipanti
9.00 – 10.00: Conoscere le principali lesioni cerebrali
10.00 – 11.00:  Presentazione di test per la valutazione della lesione cerebrale specifica
11.00 – 11.30:  Pausa caffè
11.30 – 12.30: Come riabilitare le principali funzioni colpite dalle lesioni cerebrali
12.30 – 13.30: Come sostenere la famiglia di un paziente
13.30 – 15.00:  Pausa Pranzo
15.00 – 16.00: Strategie cognitive e comportamentali da attuare con il paziente colpito da lesione cerebrale
16.00 – 18.00: Promozione di gruppi di sostegno e di auto mutuo aiuto per i familiari dei pazienti colpiti da lesione cerebrale

Docente:
Dott.ssa Anna Cantagallo:
Medico neurologa e fisiatra, referee in neuroscienze. Direzione scientifica BrainCare.

Quota di partecipazione:
122 € + IVA

Sede:
BrainCare Direzione Generale – Via Fornace Morandi 24, Padova

Modalità di iscrizione:

Per iscriverti ai corsi 2018 è sufficiente compilare la scheda di iscrizione che trovi nella BROCHURE CORSI 2018 inviarla assieme alla ricevuta di pagamento a segreteria@braincare.it

Per effettuare il bonifico di iscrizione ai corsi seguire le seguenti coordinate bancarie:
IBAN: IT 70 Q 03268 12100 052832701030
Intestato a BrainCare srl
Banca Sella s.p.a., via S. Marco, 11/C – 35129 – Padova

Per completare l’iscrizione è sufficiente inviare la ricevuta del pagamento e il modulo di iscrizione adeguatamente compilato, al seguente indirizzo: segreteria@braincare.it.

Il corso fa parte del programma formativo del 2018 in tema di neuropsicologia. Scopri qui tutti i corsi in programma.


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alzheimer

Alzheimer: gli interventi riabilitativi per il paziente e gli effetti sul caregiver

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Alzheimer: gli interventi riabilitativi per il paziente e gli effetti sul caregiver

Alzheimer. La malattia di Alzheimer (AD) è un disordine degenerativo che progredisce nel tempo a carico del sistema nervoso centrale, contraddistinto dalla graduale e continua compromissione delle funzioni cognitive, del deficit delle abilità funzionale e la comparsa di disturbi comportamentali. In passato la riabilitazione non farmacologica dell’AD era considerata negativamente data la natura degenerativa della malattia, del carattere progressivo e dai danni che provoca sulle funzioni cognitive. Tuttavia i recenti studi evidenziano come il sistema nervoso centrale adulto sia dotato di una plasticità e si è arrivati ad una precisa identificazione ed evoluzione dei disturbi cognitivi, che hanno rafforzato le basi concettuali per sostenere gli interventi riabilitativi non farmacologici.alzheimer

Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per “riabilitazione” si intende quell’insieme di interventi che mirano allo sviluppo di una persona al suo più altro potenziale sotto il profilo fisico, psicologico, sociale, occupazionale ed educativo, in relazione al suo deficit fisiologico o anatomico e all’ambiente. Dunque l’approccio riabilitativo deve prevedere sia interventi mirati alla persona, sia all’ambiente per renderlo più adattivo, alla famiglia e/o ai caregiver per trasmettere delle competenze assistenziali. L’intervento riabilitativo non deve riferirsi esclusivamente alla sola stimolazione cognitiva ma è anche richiesta una attenta valutazione delle disfunzioni personali, familiari e sociali. Infatti, si parla di Progetto Assistenziale Individualizzato (PAI) che riguarda una valutazione interdimensionale e interprofessionale che ha come obiettivo l’identificazione di risorse cognitive e funzionali che sono ancora intatte su cui poter intervenire per potenziarle e prevenire un’ulteriore perdita. Esistono varie tipologie di interventi riabilitativi (diretti ed indiretti: paziente, famiglia, ambiente) (individuali e/o di gruppo), varie tipologie di tecniche (cognitive e cognitivo- comportamentali). L’assistenza di una persona con Alzheimer può essere un’esperienza devastante per i caregiver, soprattutto per i familiari, che presentano livelli di stress elevati. L’eccesso di stress può culminare in burnout, un esaurimento emotivo in cui l’individuo non si sente in grado di soddisfare le esigenze che gli vengono richieste. Tale condizione riduce la produttività, indebolisce le energie del soggetto interessato, aumenta il senso di impotenza e la demotivazione. Quindi nel caso di sostegno ad individui affetti da Alzheimer può capitare che a pagarne le conseguenze maggiori, in termini di equilibrio ed energia, siano i familiari/caregiver. A tal riguardo esistono degli interventi mirati ai caregivers di educazione, supporto e servizi che migliorano non solo il loro benessere ma anche quello del paziente affette da demenza. Tali interventi sono il counselling familiare e psicoeducazionali, per facilitare i processi di adattamento all’ambiente domestico e per fornire un sostegno psicologico grazie ai gruppi di supporto.

Obiettivi

  • Fornire strumenti adeguati al riconoscimento della demenza di Alzheimer
  • Comprendere il ruolo del caregiver
  • Capire come affrontare la demenza di Alzheimer dal punto di vista medico e psicologico
  • Imparare ad ascoltare le esigenze del caregiver e del paziente con demenza di Alzheimer

Programma Corso

8 .30 -09.00: Registrazione dei partecipanti
9.00 – 10.00: Cosa è la demenza di Alzheimer e come riconoscerla
10.00 – 11.00:  Valutare la persona affetta da demenza di Alzheimer
11.00 – 11.30:  Pausa caffè
11.30 – 12.30: Chi è il caregiver e quale è il suo ruolo per il paziente
12.30 – 13.30: Cosa è il Caregiver Burden
13.30 – 15.00:  Pausa Pranzo
15.00 – 16.00: Strategie efficaci per contrastare lo stress del caregiver
16.00 – 18.00: Strategie di riabilitazione per il paziente con demenza di Alzheimer

Docente:
Dott.ssa Anna Cantagallo:
Medico neurologa e fisiatra, referee in neuroscienze. Direzione scientifica BrainCare.

Quota di partecipazione:
122 € + IVA

Sede:
BrainCare Direzione Generale – Via Fornace Morandi 24, Padova

Modalità di iscrizione:

Per iscriverti ai corsi 2018 è sufficiente compilare la scheda di iscrizione che trovi nella BROCHURE CORSI 2018 inviarla assieme alla ricevuta di pagamento a segreteria@braincare.it

Per effettuare il bonifico di iscrizione ai corsi seguire le seguenti coordinate bancarie:
IBAN: IT 70 Q 03268 12100 052832701030
Intestato a BrainCare srl
Banca Sella s.p.a., via S. Marco, 11/C – 35129 – Padova

Per completare l’iscrizione è sufficiente inviare la ricevuta del pagamento e il modulo di iscrizione adeguatamente compilato, al seguente indirizzo: segreteria@braincare.it.

Il corso fa parte del programma formativo del 2018 in tema di neuropsicologia. Scopri qui tutti i corsi in programma.


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trauma cranico

Trauma cranico: l’inquadramento clinico e gli approcci riabilitativi

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Trauma cranico: l’inquadramento clinico e gli approcci riabilitativi

Trauma cranico. Il trauma cranico è responsabile della maggior parte delle disabilità permanenti nel mondo e avviene quando le lesioni cerebrali sono determinate da un trauma improvviso. Il trauma cranico può causare: fratture al cranio, cioè la rottura delle ossa del cranio; commozioni cerebrali, un trauma che determina una temporanea perdita della funzione cerebrale; contusione, è una lacerazione del cervello caratterizzata da un accumulo di sangue all’interno del cervello o tra il cervello e il cranio; danni alle cellule nervose. In molti casi, il trauma cranico può determinare l’insorgere di disabilità spesso permanenti da un punto di vista cognitivo e comportamentale, come amnesie, afasie, disturbi attentivi, alterazione dell’umore, alterazione del ritmo sonno-veglia etc. Il trauma può essere considerato di alto grado di danneggiamento quando comprende almeno una delle seguenti aree: apprendimento e memoria, linguaggio, abilità percettive, cognizione sociale (riconoscimento di emozioni), abilità esecutive, attenzione complessa. Può sussistere anche un lieve deterioramento cognitivo di una o più aree cognitive precedentemente menzionate. Gli eventuali problemi a lungo termine dovuti al trauma dipendono dalla sua gravità, dalla localizzazione nel cervello, dall’età e dallo stato di salute del paziente. Grazie alla ricerca sappiamo che il cervello è plastico anche in età adulta, cioè che tende a riorganizzarsi e modificarsi in seguito all’esperienza. Dunque il sistema di reti e di connessioni cerebrali tende modificarsi per rispondere meglio alle richieste dell’ambiente. In recenti studi è stato dimostrato che esiste una stimolazione della neurogenesi in prossimità di una lesione, che mostrano la possibilità naturale del nostro corpo di poter ottenere un recupero.

trauma cranico

La programmazione del trattamento riabilitativo di un trauma cranico deve tener conto del livello di gravità degli esiti post-traumatici, della distanza temporale dall’evento traumatico e del profilo sintomatologico neuropsicologico. Esistono vari approcci riabilitativi che intervengono a diversi livelli ed hanno obiettivi differenti. Tali approcci si distinguono in: strutturali, che intervengono sul livello strutturale di una determinata funzione che risulta compromessa; cognitiviste, intervengono su un passaggio o su una componente di una sequenza di elaborazione; comportamentistiche, intervengono applicando tecniche in grado di modificare comportamenti inadeguati nell’interazione ambientale e sociale; occupazionali, agiscono in modo ecologico ed olistico, attraverso il riaddestramento a compiere le attività più comuni della vita quotidiana. Le tipologie di intervento sopradescritte possono essere eseguite sia a livello individuale che di gruppo, il primo preferibile per la rieducazione dei disturbi cognitivi e il secondo per la rieducazione del comportamento comunicativo e relazionale.

Obiettivi:

  • Fornire nozioni cliniche e modelli teorici sul trauma cranico
  • Comprendere le basi della riabilitazione del TC
  • Conoscere la classificazione e la valutazione del TC
  • Comprendere le implicazione neuropsicologiche dopo un TC

Programma corso:

8.30 -09.00: Registrazione dei partecipanti
9.00 – 10.00: Il trauma cranico: modelli teorici e clinici
10.00 – 11.00:  Il trauma cranico: implicazioni neuropsicologiche e psicologiche
11.00 – 11.30:  Pausa caffè
11.30 – 12.30: Valutazione delle funzioni neuropsicologiche in seguito a TC
12.30 – 13.30: Principali strategie di riabilitazione in caso di TC
13.30 – 15.00:  Pausa Pranzo
15.00 – 16.00: Tecniche personalizzate nella riabilitazione del TC
16.00 – 18.00: Classificazione della gravità del TC e implicazioni riabilitative

Docente:
Dott.ssa Anna Cantagallo:
Medico neurologa e fisiatra, referee in neuroscienze. Direzione scientifica BrainCare.

Quota di partecipazione:
122 € + IVA

Sede:
BrainCare Direzione Generale – Via Fornace Morandi 24, Padova

Modalità di iscrizione:

Per iscriverti ai corsi 2018 è sufficiente compilare la scheda di iscrizione che trovi nella BROCHURE CORSI 2018 inviarla assieme alla ricevuta di pagamento a segreteria@braincare.it

Per effettuare il bonifico di iscrizione ai corsi seguire le seguenti coordinate bancarie:
IBAN: IT 70 Q 03268 12100 052832701030
Intestato a BrainCare srl
Banca Sella s.p.a., via S. Marco, 11/C – 35129 – Padova

Per completare l’iscrizione è sufficiente inviare la ricevuta del pagamento e il modulo di iscrizione adeguatamente compilato, al seguente indirizzo: segreteria@braincare.it.

Il corso fa parte del programma formativo del 2018 in tema di neuropsicologia. Scopri qui tutti i corsi in programma.


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