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Ansia, trattarla con la Terapia Cognitivo Comportamentale nella demenza: è possibile?
Ansia, in particolare quella dovuta alla perdita di contatto con la realtà che genera disorientamento, è molto comune nel paziente con demenza.
Inoltre, ci racconta Anna Cantagallo, di frequente questi sintomi si traducono in veri e propri disturbi d’ansia clinicamente significativi.
La demenza con il passare degli anni sta aumentando sempre più la propria incidenza; Prince e i suoi colleghi stimano nel 2017 un numero di circa 65.7 milioni persone affette fino al 2030.
Questo vertiginoso aumento della diffusione della demenza ha permesso di elaborare metodologie per effettuare diagnosi più precoci e tecniche di intervento psicosociali, come la terapia cognitivo comportamentale (CBT), che vanno oltre alla semplice somministrazione di farmaci.
Ansia, trattarla con la Terapia Cognitivo Comportamentale nella demenza: è possibile?
Qual è lo scopo degli approcci psicosociali e quale la loro efficacia?
“Gli interventi di tipo psicosociale – spiega Anna Cantagallo – mirano al supporto non solo della persona con demenza ma anche della sua famiglia, senza limitarsi alla cura sintomatologica tramite i farmaci.
Questi approcci hanno come obiettivo primario quello di raggiungere, in un quadro degenerativo di malattia, un benessere soggettivo da parte del paziente.
Dennison e Moss-Morris in uno studio del 2010 hanno dimostrato la validità di trattamenti psicoterapeutici che aiutano ad elaborare il rallentamento delle funzioni cognitive e la depressione che ne deriva.
Nel caso specifico dell’Alzheimer, si sono dimostrati promettenti tre tipi di intervento: la riabilitazione cognitiva, la terapia della reminiscenza e la terapia cognitivo comportamentale.
Fondamentale affiancare a questi trattamenti un coinvolgimento attivo del caregiver, sia per il suo benessere psicosociale che per quello del paziente.”
Ansia, trattarla con la Terapia Cognitivo Comportamentale nella demenza: è possibile?
Che ruolo assume l’ansia nella persona con demenza?
“I pazienti con demenza si sentono disorientati, confusi e vulnerabili e questo conduce inevitabilmente a provare ansia quotidianamente.
Essi riferiscono di sperimentare sintomi ansiosi soprattutto in risposta alle reazioni degli altri alla loro diagnosi di demenza, per la paura di assistere ad un deterioramento delle proprie funzioni cognitive, e per il timore di perdere la propria indipendenza diventando un peso per i familiari che se ne prendono cura.
L’ansia, nel quadro patologico della persona con demenza, diventa un fattore esacerbante con effetto peggiorativo sulle manifestazioni del declino cognitivo. I farmaci tipicamente usati per curare l’ansia hanno dei limiti, e presentano spesso dei pesanti effetti collaterali.”
Ansia, trattarla con la Terapia Cognitivo Comportamentale nella demenza: è possibile?
Con cosa si può sostituire la terapia farmacologica?
“La terapia cognitivo comportamentale – racconta Anna Cantagallo – risulta essere particolarmente efficace per trattare l’ansia nel caso della demenza e nella popolazione adulta e anziana generale.
Charleswort e i suoi colleghi nel 2015 effettuano uno studio in cui viene proposto un approccio CBT basato sulla triade cognitiva di Beck che prevede tre credenze disfunzionali tipiche del disturbo di ansia generalizzato: la vulnerabilità del sé, il caos del mondo, e l’incertezza del futuro.
In base a questo modello si propone un trattamento che mira a ridurre l’ansia riducendo comportamenti disfunzionali e di mantenimento dell’ansia, come gli evitamenti, e aumentando il senso di autoefficacia.
Affinché i pazienti con demenza possano essere idonei a questo tipo di terapia devono avere una serie di requisiti, ovvero: vivere in casa, possedere un livello di gravità di diagnosi lieve-moderato, e sperimentare ansia clinicamente significativa.
Il programma terapeutico si divide in tre fasi disposte in circa 10 sedute: 1) socializzazione al modello e condivisione degli obiettivi 2) processi di cambiamento per raggiungere lo scopo 3) condivisione delle strategie pratiche per mantenere le abilità acquisite generalizzandole alla vita quotidiana.”
Ansia, trattarla con la Terapia Cognitivo Comportamentale nella demenza: è possibile?
Ci sono fasi o aspetti del trattamento su cui rivolgere particolare attenzione nella persona con demenza?
“Prima di iniziare un lavoro cognitivo è opportuno verificare con accuratezza il grado di capacità del paziente di accedere ai pensieri automatici e di saper identificare le proprie cognizioni ed emozioni dandogli un significato.
conclude Anna Cantagallo – Non sempre i pazienti sanno attribuire i propri deficit a problemi di memoria o a sintomi ansiosi, capacità fondamentale per sfruttare al meglio la terapia e osservare dei cambiamenti rilevanti e positivi.
Il ruolo del caregiver è fondamentale, in quanto deve aiutare il paziente a generalizzare quanto appreso in fase di trattamento alla vita quotidiana. Inoltre il caregiver serve a colmare le lacune di conoscenza del paziente quando si manifestano vuoti di memoria relativi a determinati vissuti che possono essere utili alla terapia.
Un altro punto di particolare importanza è riconoscere e ridimensionare eventuali aspettative eccessive e irrealistiche, tenendo sempre ben presente che lo scopo del trattamento non è quello di migliorare la memoria, ma di tenere sotto controllo l’ansia che deriva dai deficit cognitivi, cosa che permette di gestire meglio gli stessi e di migliorare il benessere generale.”
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