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Anna Cantagallo – sostegno ai familiari dei pazienti affetti da demenza
Anna Cantagallo spiega:
“La diagnosi di demenza, a causa dei drastici cambiamenti che procura nell’identità del soggetto,
porta i familiari a vivere sentimenti discordanti, che oscillano dall’impotenza alla tristezza per il fatto di non riconoscere più la persona cara”.
Al momento della diagnosi e nei sei mesi successivi abitualmente il familiare vive tre fasi. La prima,
definita “reazione emotiva”, che consiste nel tentativo di gestire l’ansia generata dall’evento logorante.
La fase successiva riguarda “l’elaborazione cognitiva”, nel corso della quale il familiare cerca di capire le cause,
che hanno portato la comparsa della patologia all’interno della propria famiglia e in alcuni casi si cerca di negarla o sminuirla.
Infine vi è “la ristrutturazione”, all’interno della quale i familiari arrivano ad “accettare” la malattia e
raccolgono le risorse disponibili per poterla sostenere.
Anna Cantagallo afferma dunque che il familiare è caratterizzato da emozioni molto diverse tra loro e in alcuni casi molto ambivalenti.
Infatti passa da amore, compassione e tenerezza, a rabbia e fatica, che lo portano a desiderare che tale situazione possa terminare al più presto.
Quest’ultimo aspetto suscita, poi, nella persona un forte senso di colpa, che talvolta non è soltanto rivolto al paziente,
ma anche nei confronti degli altri componenti della famiglia, poiché l’assistenza ad una persona affetta da
demenza, fa sì che le forze siano rivolte soltanto a questa.
Oltre a questo vortice di emozioni il caregiver è costantemente tormentato da dubbi relativi alla corretta
assistenza nei confronti del proprio caro e alla paura di non comportarsi nella maniera idonea.
La dott.ssa Cantagallo racconta che si è osservato che la competenza nel ruolo di caregiver è associata
al tipo di rapporto che questo instaura con il malato; infatti coloro che entrano in relazione con il
paziente nello stesso modo in cui si approcciavano prima della malattia hanno più impedimenti a
svolgere i compiti assistenziali, rispetto a coloro che nel corso del tempo sono in grado di modificare
il proprio comportamento.
La difficoltà nel riuscirsi ad approcciare nella maniera corretta è dovuta al fatto che la demenza porta
un generale senso di estraneità emotiva e relazionale, che richiede un particolare tipo di comportamento.
“Per questo motivo – come dichiara la Dottoressa Anna Cantagallo
– è necessario che per tutto il decorso della malattia venga fornito ai familiari un adeguato sostegno psicologico,
all’interno del quale possano esprimere liberamente le proprie emozioni circa timori, ansie e paure.
Infatti il rischio per coloro che assistono costantemente una persona malata è quello di raggiungere un
deperimento emotivo, che li porta a sentirsi svuotati sia a livello affettivo, che sociale e lavorativo a
causa di un impoverimento nel rapporto con gli altri.”
È fondamentale, quindi, che per tutto il percorso il familiare venga accompagnato tramite il supporto
di operatori e di personale esperto, per dargli la sicurezza di poter ottenere il supporto di cui ha
bisogno e di comprendere che l’adattamento, la flessibilità e l’empatia sono aspetti fondamentali per
interagire con persone affette da demenza.