Orientamento spaziale. I deficit delle informazioni spaziali nella vecchiaia
Orientamento spaziale. Le neuroscienze si sono molto dedicate al senso dell’orientamento spaziale e grazie ad un vasto insieme di ricerche comportamentali e di neuroimaging basate sull’uomo, ci hanno fornito ad oggi una comprensione dettagliata del circuito implicato nella navigazione del cervello scoprendo nuovi sistemi neuronali coinvolti nell’elaborazione delle informazioni spaziali.
La scienza ci dice infatti con certezza che delle cellule che si trovano nella parte inferiore dell’Ippocampo (nella corteccia entorinale) riescono a determinare rispettivamente la nostra posizione nello spazio e permettono di muoverci in ambienti complessi. Queste cellule da gps biologico, sono state chiamate cellule di posizionamento e cellule griglia.
Ma come sono state scoperte?
Nel 1971 O’Keefe, ricercatore dell’University College di Londra, ha individuato nell’ippocampo del cervello di alcuni ratti liberi di muoversi in una stanza, una cellula nervosa che si attivava quando l’animale si trova in una posizione precisa. Altre cellule si attivavano poi quando si trovava in altri punti della stanza. Queste “cellule di posizionamento” non registrano soltanto un input visivo,ma tracciano una vera e propria mappa “interna” dello spazio circostante.
I coniugi norvegesi May-Britt e Edvard Mosehanno nel 2005 hanno invece scoperto un sistema di cellule nervose, chiamate successivamente “griglia”, che consentono di definire il percorso eil posizionamento preciso nello spazio. Hanno infatti notato che alcune cellule nella corteccia entorinale dei ratti si attivavano quando questi passavano da un punto all’altro dello spazio andando a costruire uno schema di coordinate spaziali che permetteva di guidare il cammino degli animali.
Recentemente i ricercatori del German Center for Neurodegenerative Diseases (DZNE) è sorto però un dubbio: “E se un deficit dell’orientamento spaziale potesse essere un predittore valido per la diagnosi di demenza o di altre malattie neurodegenerative?” Per rispondervi hanno compiuto una revisione che (http://www.cell.com/neuron/pdf/S0896-6273(17)30561-5.pdf ) che è stata pubblicata su Neuron, che ha voluto illustrare le evidenze che sono emerse da vari studi su roditori, primati non umani e umani che studiavano come l’invecchiamento cognitivo influenzi i calcoli di navigazione. Incredibilmente hanno capito che deficit in queste aree possono manifestarsi molto prima di altri (come memoria e apprendimento) e riuscire a misurarli potrebbe essere un modo per smascherare prima l’insorgere delle malattie neurodegenerative. “Possono volerci 10 anni dall’inizio della patologia perché emergano risultati anomali nei test cognitivi standard disponibili oggi, 10 anni persi per quanto riguarda il trattamento, soprattutto se dovesse arrivare una terapia efficace- spiega Thomas Wolbers, tra gli autori della ricerca- è il punto in cui la diagnostica basata sulla navigazione potrebbe contribuire, riducendo questo spazio temporale”. Una batteria di test molto specifici analoghi a quelli per la memoria e l’apprendimento potrebbe essere presto disponibile, ma nel frattempo il consiglio degli studiosi è mantenere allenate le aree del cervello che ci consentono di orientarci, specialmente in un’epoca in cui il Gps sembra la soluzione per arrivare in ogni luogo.
Utilizzi molto questa abilità nel tuo lavoro o nei tuoi hobbies preferiti? Sappiamo che per scacchisti, architetti, geometri, etc. le abilità visuo-spaziali sono pane quotidiano e un deficit in queste aree potrebbe essere un brutto colpo che l’età può riservare. In BrainCare offriamo dei test per la valutazione delle abilità visuo-spaziali e dei programmi di stimolazione/riabilitazione sia per persone sane che vogliono migliorare questa abilità che per persone che hanno subito una lesione nelle aree che abbiamo citato nell’articolo. Vieni a trovarci, troveremo la soluzione su misura per te!